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Festival dei due Mondi, Bori: “Umbria entrata nel panorama internazionale dei grandi eventi grazie a Spoleto”

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Presentata a Roma alla presenza del ministro della Cultura, Alessandro Giuli, del presidente della Fondazione Festival dei Due Mondi, Andrea Sisti, e della Direttrice artistica, Monique Veaute, la 68ª edizione della kermesse

Data:

18 MARZO 2025

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Ultimo aggiornamento: 20/03/2025

L'Assessore Tommaso Bori e il Ministro Alessandro Giuli durante la presentazione

Descrizione

Roma, 18 marzo 2025 - Con un ringraziamento alla direttrice artistica del Festival Monique Veaute, che in questi anni ha puntato fortemente sull’innovazione e sulla qualità delle proposte culturali consolidando così sempre di più l’importanza del Festival a livello nazionale e internazionale, il vicepresidente della Regione Umbria con delega al Turismo, Tommaso Bori, ha aperto il suo intervento alla presentazione della 68/ma edizione del Festival dei due Mondi, che si è tenuta oggi a Roma, alla presenza del ministro della Cultura, Alessandro Giuli, del presidente della Fondazione Festival dei Due Mondi, Andrea Sisti, della Direttrice artistica, Monique Veaute.

“Uno dei grandi meriti della direttrice Veaute - ha detto Bori- è quello di aver ridato un ruolo da protagonista alla musica. Un forte segnale di continuità questo, con l’idea che ha ispirato il fondatore Gian Carlo Menotti.

In questi ultimi 5 anni oltre all’internazionalizzazione, è stato dato impulso alla creatività degli enti culturali di eccellenza del territorio, cito tra questi Umbria Jazz e il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, favorendone così la valorizzazione.

Il Festival dei Due Mondi è ora uno degli appuntamenti più prestigiosi della cultura italiana nel mondo, grazie anche al sostegno fondamentale del Ministero della Cultura cui si aggiungono gli impegni della Regione e del Comune, degli altri soci e degli sponsor. Se la sua vocazione è stata ed è internazionale, non si deve dimenticare però, l'impatto che ha avuto e ha sull'evoluzione del mondo dello spettacolo, della musica e della cultura in generale dell'Umbria, nonché sull’attrazione di visitatori che arrivano sempre più numerosi.

Intorno a quest'idea, è necessario sviluppare ancora di più di quanto sia stato fatto, gli strumenti della collaborazione tra festival e altre importanti realtà   culturali e artistiche dell'Umbria, che la Regione riconosce quali elementi fondamentali dell'offerta culturale e della qualità della vita sociale del nostro territorio.

L'intenzione della Fondazione e dei suoi soci è quella di far vivere il Festival a Spoleto tutto l'anno, attraverso una sede museale che tenga viva la memoria degli eventi straordinari che dal 1958 animano le estati spoletine e che possa essere il luogo di ricerca e attrazione per artisti, studiosi e semplici curiosi amanti dell'arte e dello spettacolo. A tale intento, anche la Regione sta dando il suo contributo, attraverso il progetto PNRR digitalizzazione che porterà alla messa a disposizione sulla Digital Library nazionale di tutti i libretti di sala dal 1958 al 2022 e di tutte le locandine degli spettacoli dal 1958 al 2007, per un totale di circa 25mila risorse digitali che potranno essere fruite da chiunque.

Ma se questo è il futuro, vorrei anche ricordare l’importanza che ha avuto il Festival di Spoleto come ponte culturale.

Si racconta che, negli anni ’50 e ’60, - ha detto Bori - l’arte e la cultura fossero un veicolo raffinato di soft power.

L’aneddoto che vuole il Festival dei Due Mondi di Spoleto, fondato dal talentuoso e cosmopolita Gian Carlo Menotti, con una forte impronta americana e un’attenzione speciale alla cultura occidentale, sembrasse perfettamente in linea con gli obiettivi di chi, a Washington, cercava di rafforzare i legami con l’Europa.

Ora non ci sono prove delle relazioni con la CIA, ma documenti recentemente desecretati ci raccontano che le famiglie Ford e Rochfeller, che finanziavano il festival, sostenevano iniziative culturali strategiche.

Lasciando questa aneddotica al passato, il Festival dei Due Mondi negli anni ha dimostrato una verità più profonda: la cultura può essere uno strumento di dialogo, un ponte tra visioni del mondo diverse, capace di resistere anche nei momenti di tensione. Perché, al di là della geopolitica, l’arte è una lingua universale, che unisce piuttosto che dividere. E in ogni epoca, anche la più complessa, resta un rifugio e un’opportunità per immaginare insieme il futuro”.

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